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Museo Civico Duilio Cambellotti di Latina

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SEDE: piazza San Marco – Latina

Nel 1984 il Comune di Latina decide di celebrare il profondo rapporto esistito tra Duilio Cambellotti ed il territorio pontino con la mostra Duilio Cambellotti scultore e l’Agro Pontino, allestita presso l’edificio dell’ex l’Opera Balilla, un edificio della città di fondazione progettato dall’architetto Oriolo Frezzotti nel 1932. A quella impostante esposizione fa seguito, una decina di anni dopo, l’allestimento presso la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina di una sezione appositamente dedicata ad alcune opere dell’artista romano, giunte nel capoluogo grazie alle donazioni degli eredi Cambellotti ed agli acquisti effettuati dall’Amministrazione Comunale di Latina.
Partendo proprio da quell’importante nucleo – impreziosito negli anni da altre rilevanti acquisizioni – nasce nel 2005 Il Museo Civico Duilio Cambellotti di Latina, con sede (non a caso) presso il palazzo dell’ex Opera Balilla.
Vi sono conservate sculture, disegni, tempere, xilografie, ceramiche, libri, medaglie, manifesti e documenti, che documentano in modo pressoché esaustivo circa mezzo secolo di attività dell’artista romano nel territorio pontino.

Nel grande salone centrale hanno trovato posto i cartoni originali preparatori per La Redenzione dell’Agro (1934), il Ciclo pittorico realizzato a tempera su pannelli in eternit che decora il Palazzo del Governo di Latina, unitamente ai bozzetti a tempera su carta ed a quelli a matita e a china su carta lucida, che raccontano in modo pressoché esaustivo l’iter creativo del grande Ciclo murale.


L’ intensa attività scultorea di Duilio è documentata attraverso un ampio numero di opere, di grande e piccolo formato. Accanto al solenne Buttero (1918-19), ed alle straordinarie Vacche aratrici, del Vomere (1924) è la ieratica Pace (o La Vagante) una grande scultura in gesso (h. cm 177) generalmente riferita al periodo 1914-1919. La prima data è quella di un disegno a china e biacca su carta, in cui Cambellotti “simula” l’intaglio xilografico; il ‘19 è l’anno in cui per la prima volta l’opera viene presentata alla Esposizione della Società Promotrice di Torino.
L’ha concepita modernamente senza corone e senza trofei, senz’ali e senza sandali, una pace più umana che divina, e ha modellato nella cera una giovane donna che reggendo faticosamente sul capo un grande aratro, cammina sicuramente sovra le zolle insanguinate dalla battaglia e guarda l’avvenire” (1).
La Pace è una delle prime sculture in cui l’artista propone il taglio forte, netto e profondo, palesemente antinaturalistico, tipico della xilografia e di certa sua produzione grafica e pittorica, che già in passato ha fatto parlare di “esiti espressionisti non discosti dalle coeve figurazioni di K. Kollowitz” (2).
Nel 1984 e nel 2000 sono state realizzate due traduzioni in bronzo collocate rispettivamente presso la Presidenza della Giunta Regionale del Lazio a Roma e in Piazza B. Buozzi a Latina.

Un’altra grande creazione, a cui Cambellotti si applicò in diversi momenti nell’arco di oltre un ventennio, è la monumentale Fonte della Palude, una scultura in bronzo in cui un gruppo di cavalli si abbevera presso una fontana, fusa nel 1984 dall’originale in gesso conservato nella Galleria d’Arte Moderna di Roma.
Si fa risalire agli ultimi mesi del 1912 il modello in creta (3) dal quale l’artista, pochi mesi dopo, avrebbe tratto la versione definitiva, esposta alla XC edizione degli Amatori e Cultori del 1922.

Attorno alle quattro pareti laterali del cubo, e quindi dentro l’abbeveratoio, sono scolpite delle cavalle assetate. Mentre i figli si torcono verso i loro corpi materni ansiosi di prender la poppa, esse protendono i lunghi colli, riversi a bere” (4).

A lungo Duilio aspira a vedere la traduzione in pietra dell’opera, finché nel 1934 si prospetta la possibilità di farla eseguire in trachite cimina, una pietra di colore grigio rosato. Le difficoltà di ordine economico lo costringono però ad abbandonare ancora il progetto; una nuova composizione di piccolo formato viene concepita in gesso due anni dopo (la fusione in bronzo, h. cm 32, è del 1999), in un trittico dalla marcata plasticità (5) ma, piuttosto lontano dall’idea iniziale.

Una particolare annotazione meritano i numerosi studi preparatori – talora vere e proprie opere finite (tempera su cartone, penna e matita su carta lucida e millimetrata) dedicati ai Monumenti ai Caduti progettati per Terracina, Priverno e Borgo Hermada, che ci illustrano come e quanto Cambellotti intendesse la sua attività scultorea in chiave architettonica, non esente, talora, da una marcata componente teatrale.
Note
(1) Calzini, “Emporium”, 1919, p. 330
(2) G. Appella, M. Quesada (a c. di), Cambellotti scultore, cat. mostra Matera, Roma 1991;
(3) Il Museo di Latina conserva un bellissimo disegno di ambientazione acquerellato (mm 445 x 514) databile al 1913, in cui la scultura appare collocata al centro di una grande vasca.
(4) F. Sapori, I maestri di Terracina, Roma 1954, pp. 26-27;
(5) L’artista riproporrà, sempre nel 1936, lo stesso gruppo scultoreo nella scenografia dell’Ippolito di Euripide, relizzata per il Teatro Greco di Siracusa.