Centralino 0773/6521

Viaggio sulla Via Appia dal canale delle Acque Alte a Borgo San Michele, per l’Epitaffio e Tor Tre Ponti

a Via Appia, strada statale N.6, coincidente con il percorso creato da Appio Claudio e inaugurato nel 312 a.C., attraversa il territorio comunale di Latina nella sua porzione rivolta verso le colline; proprio dalla Via Appia si diramano vari raccordi alla città, i più diretti dei quali sono la Latina-Latina Scalo, detta anche strada dell’Epitaffio, e la statale N.156 dei Monti Lepini, che utilizza la Migliara 43.
L’Appia fu la prima strada militare romana; indicata con vari appellativi( insignis, nobilis, celeberrima, regina viarum, etc.), collegava Roma all’Adriatico, vero e proprio ponte per l’Oriente. La sua originaria funzione militare richiama alla memoria la conquista del Sud: prima la guerra contro i Volsci, poi soprattutto con i Sanniti. Senza toccare gli antichi centri preesistenti, la Via Appia attraversò la pianura pontina( in alternativa alla via Latina lungo la valle del Sacco), perché così rispondeva alle esigenze del fronte della guerra. La strada coprì i 30 km di pianura pontina fino a Feronia, ai piedi di Monte Leano vicino Terracina, con un rettifilo quasi perfetto costruito per segmenti e ciò fu possibile solo realizzando opere idrauliche, che interessarono un territorio molto più ampio di quello occupato dall’arteria.
Tale rettifilo risulta orientato a circa 45° rispetto alla maglia creata con asse nord-sud dalla centuriazione dell’Agro, che in tempi diversi venne assegnato ai coloni iscritti alle tribù Pomptina e Oufentina. Di alcune strade di questa centuriazione ci restano testimonianze letterarie e archeologiche, come quella di Cicerone per il percorso da Tres Tabernae ad Antium o quelle documentate da resti emersi nei pressi di Valvisciolo-Caracupa, Chiesuola-Borgo Piave, Tor Tre Ponti e S.Fecitola e più a Sud a Mesa e Pontinia.
La via Appia, giunta fino a noi grazie ai frequenti interventi di bonifica dei feudatari, dei latifondisti e dei pontefici, costituì anche uno dei percorsi che permetteva ai pellegrini di raggiungere Roma. Tra il 1750 e il 1850, a seguito della bonifica di Pio VI, realizzata sul progetto e sotto la direzione dell’ing. Idraulico bolognese Gaetano Rappini, l’antica via venne riattivata come strada pubblica ( servizio di Posta ) e questo significò il ritrovamento e il restauro di numerosi manufatti romani. La suggestione della strada e delle rovine che si potevano incontrare lungo il suo percorso, ispirò scrittori, poeti, pittori: dal Labruzzi al Piranesi, da Raffaello a Byron, da Stendhal a Goethe, dai pittori dei sodalizi romani “In arte Libertas” e ” I XXV della Campagna Romana” a quelli del gruppo “I Maestri di Terracina”.
Le più antiche strutture riconoscibili appartengono al I sec. d.C. e, specialmente nel tratto compreso nel territorio comunale, sono documentati anche i restauri di Nerva, Traiano, Caracalla, Settimio Severo, Costantino e Teodorico.
In prossimità della strada e degli antichi raccordi a questa strade che collegavano la costa con le colline, sono concentrati i resti più cospicui di ville rustiche, di opere idrauliche, di sepolcri, di edilizia sacra e di servizio.
A una profondità variabile tra i 2 e i 4 m rispetto alla strada attuale, l’antica sede carrabile era larga 14 piedi, poco più di 4 m, misura che rendeva possibile il passaggio contemporaneo di due carri, cui si aggiungevano altri 4 m per i due marciapiedi; dopo l’aratura dei campi che fiancheggiano la strada, emergono spesso basoli e frammenti lapidei, appartenenti alla massicciata o all’argine. Ogni miglio( un chilometro e mezzo circa) era segnalato da un cippo cilindrico, che riportava la distanza da Roma (Porta Capena) e il nome del magistrato o dell’imperatore, sotto la cui amministrazione o governo era stato realizzato il restauro.
Essendo una strada consolare, la via Appia era cadenzata dalle stazioni di posta: dalle più semplici mutationes, alle più complesse mansiones, che nel territorio comunale corrispondevano alle località di Tripontium( l’attuale Tor Tre Ponti) e di Forum Appii( l’attuale Borgo Faiti). I ruderi che emergono o vi sono ancora sepolti appartengono quindi agli alberghi, alle stalle, alle officine, ai santuari locali, alle terme e a quante altre strutture di servizio sorgevano in prossimità della strada in funzione dell’intenso transito, distribuite con una cadenza di 7-9 miglia o 10-12 miglia.
Orazio ( Satire I, 5, vv.3-23) descrive nei suoi aspetti concreti una sosta proprio in queste strutture: acqua e zanzare pestifere, il canto di un barcaiolo ubriaco, le ingiurie tra nocchieri e servi… e ricorda come nel tratto Forum Appii – Feronia, chiamato Decennovio perché lungo 19 miglia, il viaggio fosse possibile anche su dei sandali trainati sul canale paralello alla strada. Più tardi Procopio ( De Bello Gotico 1, 15) ricorda che nel 536 d.C. l’Appia era ancora perfettamente conservata e che i Goti elessero Vitige proprio a Regeta, località tra Tor Tre Ponti e Borgo Faiti, lungo il percorso del Decennovio, caratterizata dalla ricchezza dei suoi pascoli.
Il tratto dell’Appia che interessa il territorio di Latina inizia al Km 59 da Roma, a partire dal Canale delle Acque Alte subito dopo la statio di Tres Tabernae e la diramazione per Norba, dopo il XXXIII miliario. Il ponte delle Acque Alte venne realizzato, durante la Bonifica Integrale, a tre archi a sesto ribassato con una tecnica che ricorda quella arcaica a bugnato.
Una lapide testimonia i restauri della Via Appia a cura del console romano Cornelio Cetego (160 a.C.), del re Teodorico( 454-526 d.C.) e dei pontefici Leone X (1513-1521), Sisto V(1585-1590) e Pio VI( 1775-1799). Al nome di C. Cetego è legata la fossa Cetega, progettata per far meglio defluire le acque stagnanti verso il mare e che viene identificata ora come il canale “La Linea Pia” ( dal restauro avvenuto sotto Papa Pio VI), ora come Rio Martino: il primo parallelo all’Appia, l’altro a superare la duna del Quarternario verso Fogliano. Il ponte delle Acque Alte segna anche il punto da cui partivano le antiche diramazioni per Castellone ( Tiberia ), per Norba, per Ninfa, che garantivano, negli anni in cui l’Appia era impraticabile, il passaggio a sud; infatti fino al 1781 si utilizzava tale percorso pedemontano, chiamato Strada Consolare.
I lavori relativi alla bonifica di Pio VI andranno dal 1777 al 1784 e presero avvio proprio dall’area del Ponte, recuperando la possibilità di transito sulla via Appia e realizzando le migliare( sistema di strade-canali ortogonali all’Appia).
Quando la sede stradale antica tornò alla luce, gli abitanti dei paesi vicini rimasero ammirati per la tecnica costruttiva dei ponti e per la perfetta esecuzione della massicciata, ma l’opera tanto apprezzata venne di nuovo sepolta, perché utilizzata come struttura di base per la strada nuova, dopo il disboscamento avvenuto a partire dal 1778. Vennero successivamente piantati i pini e i pioppi, per ombreggiare e per consolidare le banchine del rettifilo, e si cominciò a ripopolare la zona. I primi due innesti stradali sulla destra portano a Borgo Carso ( la vecchia tenuta dei Caetani detta ” La Botte” e “Piscinara”), fondato nel 1932 e caratterizzato da un’edilizia disposta intorno ad un parco pubblico. Alla preesistente chiesa di fine ‘800 si affiancano gli edifici di servizio dell’azienda agraria della bonifica, che tipologicamente ritroveremo in tutti i borghi di nuova fondazione: dal dopolavoro agli uffici, alla scuola, al magazzino, alla dispensa, al serbatoio ecc.
Borgo Carso fu edificato in prossimità di un insediamento probabilmente contemporaneo alla costruzione della Via Appia, come testimonia il recente ritrovamento delle strutture di una villa rustica di tarda età repubblicana, di cui è stata portata alla luce la parte produttiva ( frantoio con vasche di decantazione).
La strada a sn porta invece all’Aereoporto e a Doganella, l’ex villaggio- operaio della bonifica di Piscinara, così denominato a ricordo della funzione di dogana svolta nei secoli precedenti; il borgo conserva qualche edificio precedente la Bonifica Integrale. Procedendo sulla Via Appia, superato il Collettore delle Acque Medie, realizzato dal Consorzio di Bonifica di Piscinara, ci troviamo al Km 63 in località Casale delle Palme, che prima della bonifica si chiamava Porcareccia dei Caetani dal nome dei proprietari, gli antichi feudatari della zona pontina. L’edificio ottocentesco, sito lungo la strada a destra, fu sede della prima stazione sanitaria e nel 1910 ospitò la prima scuola per i contadini delle paludi. L’iniziativa si deve all’azione di Angelo e Anna Celli, di Sibilla Aleramo, di Alessandro Marcucci e Giovanni Cena. Dapprima fu ospitata in una capanna-scuola che, come quella del vicino Borgo Carso, fu costruita dagli stessi contadini-alunni, cui veniva proposta attraverso l’alfabetizzazione la formazione della consapevolezza dei diritti; dopo la morte di G. Cena venne edificata nel 1921 una scuola elementare e agricola, dotata di un campo sperimentale, sul terreno posto di fronte al Casale. Dedicata all’educatore, fu progettata dall’ing. Mario Egidi De Angelis con cui collaborarono A. Marcucci e D. Cambellotti, che ne curarono l’arredo e la decorazione, andati purtroppo perduti durante l’ultimo conflitto. Restano alcune ciotole monocrome, disposte a scandire le partiture architettoniche come nella decorazione dei campanili romanici, e una lapide con incisi la dedica e il simbolo della Scuola per i Contadini dell’Agro Romano e delle Paludi Pontine. Dei due trittici di D. Cambellotti, rappresentanti l’ambiente pontino( il Canale Linea, il sandalaro, i cavalli, i bufali, il Promontorio del Circeo, il pino, il fico, il ceraso), si è perduta ogni traccia dall’ultimo conflitto, che vide installare nell’edificio addirittura un sistema antiaereo.
Proseguendo da Casale delle Palme, l’Appia attraversa un territorio più basso del precedente, denominato Piscinara, che nel secolo scorso fu per molti mesi all’anno sommerso fin quasi alle porte di Cisterna. Tali allagamenti, che denunciavano l’esito inadeguato della bonifica di Pio VI, vennero imputati al fatto di aver sovraccaricato il canale parallelo all’Appia di tutte le acque comprese tra quest’ultima e le colline. Nei primi decenni del secolo scorso un’inondazione del Teppia particolarmente violenta, rompendo gli argini, rese vana quella bonifica e coinvolse nella palude anche territori pedemontani, che da sempre erano emersi e quindi messi a coltura.
Una strada a destra porta a Borgo Piave attraversando la località La Chiesuola, zona ricca di preesistenze romane, come i lavori di aratura spesso mettono in evidenza. Il nome della località, che a seguito della bonifica doveva chiamarsi Borgo Tagliamento, deriva dalla Chiesa dedicata a S. Carlo, i cui ruderi erano visibili fino ai primi del ‘900. Nei pressi sono state registrate tracce di un antico diverticolo dell’Appia, come testimoniano dei basoli allineati lungo il percorso, forse a servizio di una villa rustica di età repubblicana o di un attraversamento della pianura. I reperti della zona sono conservati presso il Circolo degli Ufficiali del Centro Aereonautico di Borgo Piave. Altri resti di strutture abitative romane si ritrovano in Via S.Luca, nei pressi del Fosso Fuga degli Ebrei, che nel nome ricorda l’eccidio degli Ebrei di Cori, avvenuto in questa località nella metà del XVI secolo.
Al Km 65 sull’Appia, prossimo all’incrocio con la strada Latina – Latina Scalo, viene eretto sul lato destro l’Epitaffio, un monumento commemorativo della bonifica di Pio VI, che diede il nome alla località e al tratto di strada che porta a Latina.
Deviando invece a sinistra, si arriva a Latina Scalo, ex villaggio-operaio ( da Valvisciolo a Monticchio si estraeva il calcare per la costruzione di Littoria e dei Borghi), poi sede della stazione ferroviaria sulla Direttissima Roma-Napoli. La zona di Latina Scalo è attraversata anche da una strada romana parallela all’Appia, denominata Via Setina, proveniente da Velletri per Sezze e coincidente per alcuni tratti con Via del Murillo, come risulta da sporadici ritrovamenti di materiale fittile e di elementi dell’antica pavimentazione stradale. In Via della Gloria è visibile uno dei rari procoi ( purtroppo manomesso) della pianura pontina: si tratta di un edificio a pianta circolare, che ricorda nella sua forma le capanne protostoriche e quelle realizzate in muratura sul modello delle precedenti con strame e argilla e utilizzate fino a tutto il secolo scorso per l’industria casearia. Il nome “La Gloria” ricorda un insediamento monastico, fenomeno che non era infrequente nella palude, in quanto l’opera di bonifica, impegnando alla manutenzione della rete viaria e idrografica garantiva in cambio il possesso della terra. Così si spiegano anche i tentativi “privati” di bonifica, il più antico dei quali è documentato da un’iscrizione murata a Mesa, che ricorda come il patrizio romano Decio, ex prefetto dell’Urbe, restaurò al tempo di Teodorico il Decennovio da Tripontium a Terracina ed ebbe in cambio i terreni a entrambi i lati della strada.
Il complesso della stazione ferroviaria di Latina Scalo, progettato dall’arch. A. Mazzoni e realizzato tra il 1932 e il ’37, costituisce un’interessante testimonianza dell’architettura degli Anni Trenta, attualmente oggetto di restauro.
Dell’arredo originario restano alcune plafoniere e qualche mobile, purtroppo in pessime condizioni.
Tornando sull’Appia al Km 66, prima di Tor Tre Ponti, un cippo a coronamento tronco-piramidale posto sulla destra celebra i meriti della bonifica di Pio VI con l’iscrizione: NUNC AGER PONTINUS/ OPUS PII P. M. 1793/ OLIM PONTINA PALUS, che nel testo anticipa parte della scritta che compare sullo stemma di Latina.
Al Km 66,4 s’incontra Tor Tre Ponti, che nel nome ricorda una torre medievale, distrutta durante la bonifica, e tre ponti romani, che permettevano all’Appia di superare una zona richissima di acque, provenienti da Ninfa e dalle risorgive ai piedi di Sermoneta. È la località della zona più ricca di testimonianze storiche, come il passaggio degli apostoli Pietro e Paolo, e archittettoniche, come la Chiesa di S.Paolo o le ricchissime peschiere, ricavate nei canali prossimi alla strada, utilizzando spesso materiale lapideo proveniente dai marciapiedi e dal basolato della via Appia.
Il complesso della Chiesa di S. Paolo, edificato sui resti di un antico monastero medievale, sul progetto del tecnico pontificio F. Navone e dello stesso ing. G. Rappini per la parte relativa al convento, all’osteria e alla posta, emerge con accentuato risalto sul fondo della pianura circostante. La Chiesa, che custodisce un altare del 1752 donato dal principe Gaetano Caetani dopo la distruzione della Chiesa di  S. Antonio a Cisterna, si caratterizza per quei volumi chiari e sobri così tipici della fine del XVIII secolo. Nel portico è conservata un’iscrizione che ricorda come l’intero complesso sia stato voluto da Pio VI a memoria del passaggio dell’apostolo Paolo, perché ai coloni dell’Agro Pontino non venisse a mancare il soccorso della pietà religiosa.
L’editto del Cardinale Camerlengo Rezzonico, del 27 luglio 1784, decretò il nuovo percorso della strada postale per Napoli: infatti, al tratto per Doganella-Sermoneta-Acquapuzza-Sezze-Case nuove-Piperno, fu sostituito un nuovo itinerario lungo l’Appia.
Così alla chiesa e al recinto dell’antico lazzaretto di Tor Tre Ponti si affiancavano l’edificio della Posta, un edificio civile e i magazzini delle derrate. Nel giardino antistante la chiesa sono conservati due cippi miliari, che ricordano i lavori di restauro dell’Appia iniziati al tempo di Nerva e ultimati da Traiano e quelli realizzati sotto Costantino.
Procedendo per un tratto di circa mezzo Km, dove la strada si abbassa leggermente, dopo l’incrocio tra l’Appia e la strada che porta a Latina attraverso la località di S. Fecitola, si incontra al Km 67,1 un ponte romano che supera il fiume Ninfa-Sisto. Si tratta del fiume storico della palude, che nasce a Ninfa; denominato fino al 1586 fiume Antico o Ligula, fu poi chiamato Sisto dal nome del Papa Sisto V, cui si devono importanti lavori di bonifica che coinvolsero l’intera area attraversata dall’alveo del fiume, sfociante allora a Torre Olevola e, dopo la bonifica integrale, tra Badino e la torre omonima. Il fiume Ninfa-Sisto, che oggi attraversa l’Appia in un punto dove non si sono verificate sostanziali trasformazioni, è stato per secoli l’unica via di penetrazione nel territorio pontino, essendo navigabile con sandali fino al 1890.
Il ponte a due archi che lo supera, denominato Ponte Traiano, è stato realizzato in opera quadrata nei 5 m di luce e in opera poligonale di terza maniera nella maniera nella muratura laterale di sostegno; sulla sommità di entrambi i lati un cippo ricorda il completamento ad opera di Traiano dei lavori iniziati da Nerva. Poco prima del Ponte Traiano, è visibile un altro ponte, più piccolo e ad una sola arcata, che supera lo Striscia: si tratta di un fiume minore, che attraversa un’area dove i frequenti ritrovamenti di reperti archeologici rendono possibile l’ipotesi di un insediamento romano. Dopo i due ponti sono visibili a sinistra resti in opera quadrata della struttura di sostegno dell’Appia e un cippo che ricorda interventi di restauro traianei.
Il tratto fra Tor Tre Ponti e Forum Appii era nel XVI sec. particolarmente infestato dai briganti( è rimasto nella memoria il nome di Aguzzeto di Sermoneta) e proprio per favorire la visibilità della strada, onde evitare il sopraggiungere imprevisto quanto improvviso di malintenzionati, appositi decreti imponevano di tenere i lati della Via Appia sgombri da alberature per almeno 200 m di profondità.
Al Km 72,4 gli edifici posti ai due lati dell’Appia corrispondono a Borgo Faiti, l’antico Forum Appii: a sinistra gli uffici settecenteschi della Posta, a destra quelli realizzati nel 1935-’36 per la Borgata rurale dall’Opera Nazionale Combattenti.
L’antico Forum Appii era sicuramente cresciuto grazie al diverticolo per Setia (Sezze) e da piccolo forum era diventato un centro di mercato e di intenso transito, come ricorda anche Orazio nella già citata satira. La località vanta anche la sosta che nel 61 d.C. vi fece l’apostolo Paolo durante il suo viaggio verso Roma ( Atti degli Apostoli, cap. XXVIII). Poco prima di incontrare gli edifici settecenteschi, un ponte a un solo arco di 4,5 m di luce scavalca il Cavata, realizzato in opera quadrata nell’arco e poligonale di terza maniera ai lati; nella stessa zona sul lato destro della strada sono visibili resti dell’argine dell’Appia. Proprio da qui l’antica via prendeva il nome di Decennovio e ad essa si affiancava il canale navigabile fino a Feronia. L’idea di realizzare il Canale Linea Pia, che ricalca come si è già detto l’antico canale romano e raccoglie le acque di entrambi i versanti, si dice venisse suggerita a G. Rappini dallo stesso Pontefice Pio VI, sicuramente per il fascino che la romanità esercitava.
Procedendo verso il miliario XLIII, ricollocato in sito in base alla posizione di quello precedente e del successivo, si incontra a sinistra un cippo di forma quadrangolare, che ricorda lavori fatti eseguire da Nerva e da Traiano, mentre subito dopo il miliario sono visibili resti in opera quadrata delle antiche sponde di contenimento del terrapieno( largo 15,8 m) su cui poggiava la strada lastricata ( larga 4,2 m). Al grande incrocio denominato La Storta, l’Appia è attraversata dalla strada dei Monti Lepini, la statale N.156 che collega Latina con Frosinone, passando sotto Sezze e nella Valle dell’Amaseno. L’antico edificio sulla sinistra al Km 76, in località Bocca di Fiume, era una masseria costruita nell’ambito degli interventi di Pio VI e utilizzata anche come edificio di servizio della Posta ( alloggio e magazzino). Il toponimo ricorda un’antica peschiera ricavata lungo il canale, all’imboccatura di un corso d’acqua ora interrato. Lo stemma degli Zannelli e una lapide indicano gli antichi proprietari della masseria e ricordano i lavori di bonifica, testimoniati anche dai cippi miliari che furono collocati nel 1793, al termine della bonifica di Pio VI, dove è ancora leggibile il nome dell’esecutore: lo scalpellino romano Maestro dell’Oste.
Deviando a destra attraverso un ponte sul Linea si percorre la Migliara 45 fino a Casal Traiano, complesso realizzato nel 1925, come recita la lapide posta all’ingresso dal marchese G. Ferraioli. Latifondisti presenti in zona fin dal secolo scorso, i Ferraioli bonificarono il luogo e resero possibile nel 1910 l’iniziativa di G. Cena a Foro Appio, ospitando in un edificio di loro proprietà una scuola per i contadini della palude, la terza istituita lungo l’antica via. Se si procede attraversando la statale N.148, ci si innesta sulla Litoranea e da questa sulla Lungomare. Se invece si rimane sulla Migliara 45, superato il ponte sul Canale delle Acque Medie, che nel suo corso inferiore prende il nome di Rio Martino ( un canale artificiale di antichissima origine ), a destra in direzione di Latina si attraversa Borgo S.Michele, lambito dalla statale N.156, che in questo tratto collega Latina con l’Appia. Sorto nel 1929 in località Capograssa come villaggio-operaio, realizzato dal Consorzio della Bonifica di Piscinara, Borgo S. Michele ospitò gli alloggi degli operai addetti ai vari cantieri e in particolare alla realizzazione del Canale delle Acque Medie e dell’innesto di questo nel Rio Martino.
Il Borgo conserva la chiesa, la torre dell’acquedotto in stile neo-romanico, l’ambulatorio-scuola e vari altri edifici del nucleo originario.