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Un percorso urbano, un itinerario lineare

Attraversare la città, nonostante le alterazioni che il tessuto urbano ha subito, significa recuperare la dimensione originaria, oltre che riuscire a farsi un’idea del suo stile, che sarebbe riduttivo definire solo “littorio”, perché di volta in volta accoglie nei singoli interventi il Razionalismo, l’Arcaismo, il Monumentalismo, il Novecento e il Neofuturismo.

Per cogliere tutti questi aspetti, si consiglia di iniziare la visita da Piazza del Quadrato, sulla circonvallazione, per proseguire sull’asse est-ovest della città fino a piazza B.Buozzi.

Piazza del Quadrato è il simbolo del primo nucleo e del primo progetto di Littoria e rappresenta il più autentico significato dell’insediamento: il Borgo rurale che si trasforma in città. La piazza ha il tono “vernacolare” che le conferiscono i bassi edifici, destinati a residenza e ad uso commerciale e dotato di portici ad arco, sotto i quali era previsto il mercato agricolo; al di là della circonvallazione, a chiudere la piazza, sorge la sede dell’ex Operra Nazionale Combattenti, oggi Museo della Terra Pontina.

Gli edifici sono decorati da gruppi di statue, opera di Egisto Caldana (1887-1961), caratterizzate dal massiccio modellato dei corpi: il Seminatore, la Spigolatrice e le allegorie della Fecondità, il cui significato è sottolineato dai grandi vasi ricolmi di frutta.

I colori, le coperture, gli anelli per legare il bestiame, i portici e la dimensione misurata, ricordano architetture familiari come i casali della campagna romana. Al centro della piazza la fontana, con una statua bronzea dello scultore bolognese Pasquale Rizzoli (1871-1953), rappresenta la palude liberata dalle acque. Fin da questa piazza è evidente infine come il verde sia un elemento dell’arredo urbano particolarmente importante.

Alle palme e agli eucalipti della piazza, che rimandano alle fasce frangivento interpoderali, seguono i pini marittimi del Viale Italia, a cui si accede attraverso l’allargamento delle due quinte laterali, costituite dagli edifici INCIS.

Al termine di apre piazza dei Bonificatori, cui fa da fondale l’edificio della Posta, progettato dall’arch. Angiolo Mazzoni del Grande (1894-1979) che nel 1934 aderirà al Futurismo, firmando il Manifesto dell’Architettura Aerea.

L’edificio, realizzato nel 1932, subì un primo ampliamento nel 1934 ad opera dello stesso Mazzoni che vi accostò un elemento absidato fasciato da un alto zocolo di travertino. Il complesso, prima delle gravi manomissioni del 1969, che videro abbattere la caratteristica rampa ed aggiungere un corpo, si caratterizzava ance per le grate metalliche semicilindriche che dilatavano le superfici curve, conferendo all’edificio un carattere dinamico. Rivestito in cotto e sottolineato da finiture in travertino, conserva nella parte originale un tono arcaico e massiccio, di cui sono responabili gli elementi a contrafforte che girano intorno al primo ampliamento.

La colonna con il leone bronzeo collocata nella Piazza dei Bonificatori è stata donata dalla città di Venezia.

Un edificio residenziale attraversato da due passaggi pedonali separa la piazza dei Bonificatori dalla Piazza del Popolo; presenta, come si è detto, due archi che, oltre a mettere in comunicazione le due piazze, legano i tre distinti corpi di fabbrica dell’edificio, che sul retro risulta unificato anche da un elemento continuo più alto, terminante ai lati con le due absidi del corpo scala. Già da questa struttura, sootolineata con u8n basamento, un marcapiano e una cornice terminale, sono evidenti le scelte architettoniche che allora caratterizzavano la città: la dimensione bassa e a sviluppo orizzontale per l’edilizia residenziale, quella monumentale e con un andamento verticale per gli edifici pubblici.

Nella Piazza del Popolo la Torre Civica, rivestita completamente di travertino che ne esalta la verticalità, è tutt’uno con l’arcone d’ingresso alla sede del Municipio e per questo sembra autonoma rispetto al porticato dell’intero edificio, di cui è invece parte integrante.

La sua forma ricorda il ricco e vario repertorio di torri medievali italiane, decorate dai simboli civici, che anche qui si affiancano all’arco, all’orologio, alle sculture, alla campana. Dall’atrio è visibile la “Dafne” di Elisabetta Mayo (1896-1972), rappresentata prima della sua trasformazione in alloro. L’opera venne donata a Littoria nel 1933 dalle Conferederazioni fasciste dei datori di lavoro e dei lavoratori.

Gli edifici che circondano la piazza ripropongono il basso portico architravato e lo stacco tra il travertino e l’intonaco: si tratta dell’attuale Circolo Cittadino (ex O.N.D. e F.N.F.), dell’ex Albergo Littoria, poi Albergo Italia, e di parte dell’ex Cinema Teatro dell’Aquila. Il portico alto, sul lato est della piazza, ci ricorda invece che la città, ormai capoluogo di provincia, deve dimostrare anche con l’architettura il suo nuovo ruolo; prende corpo così l’ordine gigante della sede dell’Intendenza di Finanza, la cui impostazione architettonica viene esaltata dal solito rivestimento in travertino e la cui imponenza suggerisce quasi la direzione del percorso che continua diretto fino a piazza B.Buozzi. Alla comparsa di tale ordine corrisponde una maggiore cura degli interni e l’accostamento di materiali autarchici (ad es. l’alluminio per il corrimano e la bachelite per le plafoniere) ai più tradizionali ottone, legno o marmi pregiati italiani.

Tra gli alti pilastri della sede dell’Intendenza di Finanza si scorgono le palme, seguite dai pini marittimi e dai platani del viale.

Anche in piazza del Popolo il verde si rivela funzionale alle scelte urbanistiche per un complesso disegno della pavimentazione della grande aiuola centrale, realizzata con ciotoli di fiume, laterizi e tozzetti di basalto.

La fontana, posta al centro di un giardino all’italiana, rappresenta la memoria della trasformazione del territorio: un monumento all’acqua con la sfera in travertino collocata nel 1939, fulcro dell’impianto dela città.

Piazza Dante, che si incontra attraversato l’alto portico, non è in asse con il percorso e rispetto a questo è separata da un’aiuola, dove sorge il cippo del 1933, decorato con spighe e vanghe, che ricorda un contingente di agricoltori Trevigiani. La piazza si caratterizza per la sua misura e per i due edifici INCIS che la racchiudono, realizzati nel 1932-33 su progetto dell’ing. Petrilli, a corte interna e a blocchi separati, collegati da un portico che unifica i prospetti. Entrambi hanno rivestimento misto, intonaco e cortina, proposto con variazioni di tessitura; più interessante fra i due quello sulla destra rispetto alla Scuola Elementare, per i volumi cilindrici accostati a sottolineare l’ingresso e collegati al primo piano da un’ampia terrazza. La Scuola Elementare venne realizzata nel 1932 e si articola intorno ad un cortile interno; in corrispondenza del vano scale si qualifica come Torre dell’orologio, indizio dell’uso pubblico dell’edificio. Il ruolo educativo è sottolineato, oltre che dalle ampie finestre, dalle sculture in travertino: teste di giovani, libri aperti, bassorilievi allegorici, che ornano le facciate intere ed esterne del complesso. Il Viale Mazzini, su cui si affaccia il prospetto laterale della Scuola, è delimitato ai lati degli interventi residenziali INCIS e INA, realizzati nel 1936-37. I due gruppi di edifici che, come quelli di Viale Italia, si allargano all’inizio e alla fine del viale alberato per sottolineare l’accesso alla piazza, presentano lunghi prospetti dalle semplici forme geometriche, attenuate nella loro uniformità con logge, pensiline, bucature e rivestimenti differenziati. L’Istituto Tecnico, che è stato inserito tra i due interventi residenziali del 1936, si qualifica come edificio pubblico per l’alto zoccolo di travertino e per l’imponente portone a doppia altezza, che anticipa quello del Tribunale, situato sullo sfondo del viale a chiudere piazza B.Buozzi.

Il Palazzo di Giustizia, inaugurato nel 1936, s’impone per l’avanzamento del corpo centrale, esaltato dal colonnato a tutta altezza e rivestito in travertino; le ali laterali ripropongono la stessa scansione, ma le lesene risultano appesantite dal rivestimento in mattoni. L’arredo degli interni è molto curato nei particolari e nell’Aula della Corte d’Assise emerge, in un teso rapporto tra architettura e decorazione, l’altorilievo di D.Cambellotti, il Ciclo della Giustizia con il suo ordine gigante rappresenta il tentativo di correggere l’immagine urbana rispetto all’iniziale carattere rurale: la sua accentuata monumentalità fa da contrasto al tono arcaico e familiare della sede dell’Opera Nazionale Combattenti, da dove appunto inizia quell’asse che, passando sotto l’imponente porticato della sede dell’Intendenza di Finanza, si conclude al Tribunale, tracciando un percorso che coincide con quello ideale della storia della città.