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Percorso costiero dall’Acciarella a Torre di Foceverde, a Fogliano, a Rio Martino e Borgo Grappa

La porzione di territorio comunale più prossima alla costa è percorsa da due strade pressocché parallele: la Litoranea, che collega il Promontorio del Circeo con le città di Anzio e Nettuno, e la Lungomare, che invece pur nella stessa direzione segue la duna costiera. La prima, caratterizzata da filari di pini marittimi, venne realizzata su progetto del 1929 nell’intento di mettere direttamente in comunicazione i due villaggi operai di Borgo Sabotino e Borgo Grappa, che rispettivamente servivano i due grandi cantieri per i lavori del Canale delle Acque Alte e di Rio Martino; tale collegamento, prolungandosi verso sud, attraversava poi i Borghi di Bella Farnia, Sacramento e Molella, fino al Promotorio del Circeo. La seconda, realizzata nel 1935 dall’O.N.C., segue l’andamento della duna costiera, collegando Foce Verde a Capoportiere, i due Borghi della Marina di Latina ormai completamente saldati tra loro. Superando la breve deviazione creata dalla foce di Rio Martino, la Lungomare (il cui transito automobilistico è interrotto fino alla località La Bufalara, per tentare di porre rimedio alle condizioni dissestate della duna) riprende il suo percorso lungo il litorale nel territorio comunale di Sabaudia.

Sia per la Litoranea che per la Lungomare si avanza l’ipotesi di un’origine più antica, in quanto la stessa area risulta attraversata dalla Via Severiana, che fu realizzata nel III sec. d.C., per collegare Ostia a Terracina utilizzando anche passaggi fluviali e lacustri (ne farebbe parte anche la Fossa Augusta di età neroniana). Alla luce di ritrovamenti noti non è possibile identificare con certezza la strada antica con la Litoranea o la Lungomare, né ci aiuta la cartografia antica spesso lacunosa o confusa (dove l’insediamento Clostra Romana, versione tarda della statio Clostris della Severiana, è stato ad esempio localizzato in siti diversi anche se vicini). Forse l’antica via, obbligata ad un percorso più tortuoso dalla presenza di estuari e di zone basse, potrebbe coincidere con tratti appartenenti ora all’una, ora all’altra delle due strade odierne. Sicuramente però non segue la viabilità antica il tratto della Litoranea che congiunge il centro rurale di Acciarella con Foceverde, perché è provato che la via Severiana passava per l’insediamento di Astura, località prossima al fiume, ma più interna nella pineta rispetto al sito dell’attuale Torre Astura.

Il piccolo Borgo di Acciarella, frazione di Latina dal 1934, si caratterizza per l’azienda ottocentesca, cui fece capo la Bonifica dei Borghese e che negli anni ’20 ospitò un centro diagnostico antimalarico della Croce Rossa, presidio sanitario per il vicino Borgo delle Ferriere.

Prima di superare l’Astura, l’antico fiume di Satricum, è possibile una deviazione pedonale lungo l’argine destro del fiume fino alla sua foce, dove si incontra la pineta cresciuta sull’antico insediamento di Astura e sono visibili i resti della villa romana e del suo porto, emergenti intorno all’attuale Torre Astura (L’area, occupata dal Poligono militare, viene normalmente resa accessibile durante i mesi estivi. Per verificare periodi e orari di apertura si consiglia di consulare il sito del Comune di Nettuno).

Circa a metà del percorso è possibile scorgere tra la vegetazione dell’argine opposto l’attacco del ponte settecentesco, crollato qualche decennio dopo la sua costruzione, che comunque segnala il precedente attraversamento del fiume da una strada, quasi certamente la via Severiana, che poi procedeva fino alla Torre di Foceverde con un percorso all’interno dell’attuale zona militare.

Lungo gli argini del fiume Volsci e Romani avevano attestato il porto, costruendo banchine d’ormeggio ed empori commerciali, i cui resti erano ancora visibili nel XVI sec., quando il sito funzionava come rifugio per imbarcazione leggere.

L’Astura, nascendo dai Colli Albani, attraversando l’intera pianura e passando per Satricum, costituì insieme al Fiume Antico (la cui utilizzazione è accertata fin dalla preistoria) l’accesso più facile all’entroterra.

La zona fino a Foceverde faceva parte della Tenuta di Valmontorio dei Borghese, che anche qui tentarono una bonifica. Nel ventennio furono costruiti gli edifici intorno all’idrovora, che attualmente rientrano nell’area militare.

L’idrografia della zona è stata completamente trasformata, rettificando fiumi e canali più antichi, interrandone altri, come il Canale di Mastro Pietro, che fino al secolo scorso era servito a far confluire l’acqua dolce dell’Astura nel Lago di Fogliano durante i mesi estivi, quando le pescherie ivi realizzate soffrivano per l’abbassamento del livello del lago.

Del resto le Ferriere, essendo per quei mesi inattive, non avevano bisogno della portata dell’Astura per il funzionamento del maglio. Altro fiume scomparso è quello, parallelo alla costa, che diede il nome alla Torre di Foceverde, la quale si trovò ad essere maggiormente difesa grazie a tale posizione del corso d’acqua. Progettata ed edificata a spese dei Caetani su ordine della Camera Apostolica, nel piano di difesa della costa dai pirati, la torre entrò in funzione conb la sua guarnigione tra il 1660 e il 1670 e fu ricostruita nel 1681, quando assunse l’aspetto che ancor oggi conserva.

L’ultima incursione risale al 1702 e si ha notizia della cattura di 60 pirati, che vennero messi ai remi di due galere pontificie. Alta 15m., suddivisa in 5 piani, fu realizzata in pietra e rivestita in cortina “all’uso di Roma”; era dotata di una campanella per richiamare la guarnigione, di una piazza d’armi (l’attuale terrazza) raggiungibile dall’ultimo piano con una scala a chiocciola interna e di un’armeria, che insieme a quella di Sermoneta sarà venduta dai Caetani allo Stato, destinata al Museo di Castel S.Angelo.

Superato il Collettore delle Acque Alte, in cui si immette il canale della dismessa centrale termonucleare, sul lato mare sono appena visibili i resti del ponte settecentesco, che scavalcava il fiume di Foceverde; per la sua forma venne utilizzato fino agli inizi del secolo come pontile per l’imbarco del legname d’alto fusto, di cui erano ricchi i boschi retrostanti.

Il ponte ne sostituiva uno più antico, di legno, al quale attraccavano i Genovesi che, come ricorda appunto il toponimo Passo Genovese, venivano ad acquistare legname per il loro arsenale.

Dal piazzale successivo, la deviazione a sinistra collega Foceverde con Borgo Sabotino e Borgo Piave, mentre proseguendo lungo la costa si percorre l’intero Lido di Latina fino a Capoportiere. La suddetta deviazione ci permette di percorrere la prima strada realizzata con la Bonifica, adeguamento di una preesistente carrareccia che collegava Cisterna e Sermoneta alla Torre di Foceverde, attraversando la macchia fino a Passo Barabino (poi denominato Borgo Piave).

Tutta l’area è interessata da rilevanti ritrovamenti archeologici, che denotano anche qui come nei pressi della foce di antichi fiumi, ora scomparsi, si fossero attestati insediamenti fin dall’età preistorica e protostorica. Il Borgo Sabotinovenne costruito nel 1929 all’incrocio con la Litoranea, come villaggio-operaio prebonifica nell’area denominata, come già detto, passo Genovese. Ospita due edifici preesistenti la bonifica integrale: il Casale Colajanni e il Procoio, una costruzione circolare, che fungeva da centro di raccolta e di trasformazione del latte, ora sede dell’Antiquarium Comunale.

Già nel secolo scorso fu restaurata dai Caetani, la cui munificenza è ancora ricordata da una lapide. Arrivati al centro del borgo, deviando a destra, dopo qualche chilometro si attraversa la strada che collega Latina al mare e si prosegue per Borgo Grappa fino al Circeo, mentre proseguendo per Borgo Piave ci si innesta sul tratto urbano della SS. N.148, che a destra porta a Latina. Se da Foceverde, invece di deviare per Borgo Sabotino, si continua per la strada costiera, si percorre tutto il Lido di Latina fino a Capoportiere, dove dal 1934 funziona l’idrovora omonima. Dal piazzale di Capoportiere, realizzato dove ha inizio l’area non edificabile della fascia costiera, per vincoli di tutela ambientale, parte la Via del Lido che permette di raggiungere il centro urbano di Latina; proseguendo invece lungo la duna si attraversa un’area compresa nel Parco Nazionale del Circeo, caratterizzata dalla vegetazione del tumuleto e del restrostante Lago di Fogliano con l’omonimo borgo, che oggi ospita un interessante giardino botanico. Nel retroduna è visibile anche un palmeto, che si incontra prima di giungere al porto canale di Rio Martino, cui si deve l’interruzione della continuità del percorso lungomare nella località Torre di Fogliano, che prende il nome da una torre saracena del XVII sec., edificata nei pressi di una villa romana e distrutta durante l’ultimo conflitto. Rientrando dunque verso l’interno, si superano i canali che mettono in comunicazione Rio Martino con i laghi di Fogliano e dei Monaci, visibili poco più avanti ai lati delle due strade realizzate sugli argini; oltrepassata poi la chiusa che supera il portocanale, si raggiunge Borgo Grappa.

Il Rio Martino, che costituisce il tratto finale del Canale delle Acque Medie, vede razionalizzato il corso di un antico canale, forse volsco, forse identificabile con la Fossa Cetega; dal medioevo si hanno notizie di un Riguus Martinus e, data l’altezza sul mare della duna del Quaternario che il Canale attraversa, risulta certa la sua natura artificiale. Prima della bonifica integrale tale canale entrava nel lago dei Monaci e da questo nel lago di Fogliano, per poi sfociare in mare con modalità non più riconoscibili nel sito. Ora il canale è utilizzato come porto canale e risponde anche alle esigenze del turismo residenziale della zona.

Lungo il percorso appena illustrato, nella Tabula Peutingeriana, la tavola itineraria romana del mondo conosciuto al IV-VI sec. d.C., compaiono due stationes: Clostris, posta a 9 miglia da Astura, e Ad Turres Albas, distante dalla precedente solo 3 miglia. Identificata Ad Turres Albas, distante dalla precedente solo 3 miglia. Identificata Ad Turres Albas con la Torre di Fogliano alla foce di Rio Martino, a una distanza di circa 5 km. si è cercato di individuare Clostris, ma la localizzazione risulta ancora incerta, dal momento che tutta l’area presenta insediamenti frequenti almeno a partire dalla fine dell’età repubblicana; certo è che la statio venne identificata nei pressi di un’importante chiusa, come il toponimo lascia intendere. La presenza comunque di due stationes distanti tra loro solo 3 miglia dimostra che l’attraversamento del territorio non doveva essere agevole.

L’attuale Borgo Grappa, chiamato nel XVIII sec. Porcareccia di San Donato o Archi di San Donato e nel secolo scorso Casal dei Pini, corrisponde a un insediamento romano, di cui fa parte l’acquedotto, restituito alla luce nel XVIII secolo e che l’ing. G.Rappini rappresentò nella cartografia del suo progetto di bonifica; anche gli scavi effettuati dai Caetani in tutta la loro tenuta permisero di ritrovare vari manufatti e iscrizioni funerarie, che documentano la presenza in loco  di un’antica e intensa attività, contrastante con l’idea della palude disabitata che genericamente prese corpo dopo l’abbandono dei luoghi.

Parte di tale materiale archeologico è conservata nell’Antiquarium di Latina e nei magazzini della Soprintendenza e del Museo Nazionale Romano.

Borgo Grappa durante gli anni venti ospitò il villaggio-operaio degli addetti al cantiere di Rio Martino; si dotò così di alloggi, chiesa, torre dell’acquedotto, scuola rurale e magazzino, che si aggiunsero all’ottocentesco Casale dei Pini. Attraversato dalla Litoranea e dal prolungamento della migliara settecentesca che porta sull’Appia, Borgo Grappa si caratterizza ancor oggi per gli imponenti pini marittimi e costituisce un riferimento anche per i recenti insediamenti turistici, sorti a ridosso del borgo, che ricadono anche nel territorio del vicino comune di Sabaudia.

Proseguendo sulla Litoranea nella direzione di Latina, a sinistra si costeggia la proprietà di Villa Fogliano, inserita nei confini del Parco Nazionale del Circeo per il suo interesse naturalistico /120 ha. di parco e 400 di lago). Appartenne alla famiglia dei Ceionii (un personaggio illustre di tale famiglia fu Giuliano l’Apostata); di grande importanza è il materiale archeologico rinvenuto negli  scavi, realizzati dai Caetani sotto la guida del Boni alla fine del secolo scorso. L’epigrafe funeraria di Kamenio costituisce sicuramente il reperto più interessante: rinvenuta nel 1884, la tomba di Alfenius Ceionius Kamenius Julanus restituì materiale del Iv sec. d.C., unitamente all’iscrizione dedicata dalla moglie. Kamenio fu console e governatore in Africa e sacerdote di vari culti pagani (subì anche un processo con l’accusa di magia); viveva a Roma sul Quirinale e aveva il suo latifondo appunto a Fogliano, dove morì nel 385 d.C. all’età di 42 anni. Esaminando il rovescio dell’epigrafe, si nota che è stata utilizzata una tavola lusoria (un piano di marmo con dei fori, dove potevano ricadere delle biglie). Nei secoli successivi Fogliano appartenne all’abbazia di Grottaferrata e a quella di Subiaco; dal X secolo fu proprietà degli Annibaldi, signori di Sermoneta, e nel 1302 passò ai Caetani, che la conservarono fino al 1925; dopo alterne vicende, dal 1984 è diventato bene demaniale.

Il complesso, che è stato visitato da ospiti illustri, consta del Casino di Caccia del 1742, che ingloba strutture del XVI sec., della palazzina del 1877, della Chiesa del 1899, della Casina inglese, costruita nello stile neogotico di moda in quegli anni per tali complessi, del Procoio, dell’imbarcadero e di edifici residenziali e di servizio per i lavoranti addetti all’attiviità della pesca nel lago e dell’allevamento dei bufali (entrambe le attività sono documentate in questa zona fin dal Medioevo, come testimonia la vendita del pesce a Roma presso S.Angelo in Pescheria).

All’uscita del parco di Fogliano, la strada che prosegue nella direzione di Latina è una razionalizzazione dell’antico percorso che permetteva ai Caetani di raggiungere direttamente il Casino di caccia, attraversando la fitta macchia e scavalcando la duna del Quaternario tra Colle Morello e Colle Montanari, una zona ricca di sorgenti e quindi abitata da lestraioli (le lestre erano delle radure disboscate destinate al pascolo invernale, caratterizzate da case-capanna circolari e da “case-fondate” rettangolari: sul perimetro, realizzato con altezza di circa 1m. in scaglie di pietra a secco, si disponeva la travatura a sorreggere la copertura di strame).

L’area compresa tra la Litoranea, tale deviazione a Latina, è denominata Colle Parito, dove il toponimo ricorda un monastero medievale femminile che si chiamava “De Parietinis”, perché costruito utilizzando anche resti di mura di un edificio di epoca romana.

La zona fu sede di un importante insediamento preistorico, attestato sulle alte rive di un grande fiume della palude, l’attuale Cicerchia, che si immetteva nel lago di Fogliano, dopo aver raccolto le acque di un vasto bacino, con un estuario che corrisponde ancora all’ampia rientranza del lago. Di tale insediamento e dell’attività di caccia e pesca ivi praticata, rimane traccia nei frequenti ritrovamenti di industria litica su ciotoli silicei; considerata dunque come la capitale del Paleolitico Superiore pontino, colle Parito testimonia anche i rapporti fra l’entroterra e l’isola di Palmarola, raggiunta per l’approvvigionamento dell’ossidiana, il prezioso materiale nero, il cui uso pare fosse legato alla produzione di taglienti piccole lame e punte, da utilizzare per una forma di tatuaggio sacro.

Proseguendo in direzione di Latina si arriva all’incrocio di Borgo Isonzo, scavalcato dalla SS. N. 148 che attraversa la Pianura Pontina, lasciando la città sulla sinistra; dalla stessa SS. N. 148 si diramano a partire da nord le vie di accesso alla città: da Borgo Piave, da via del Lido, da via Isonzo.